sabato 5 dicembre 2015

DANIELA MARCULET E LA SUA ARTE

DANIELA MARCULET BIOGRAFIA E POESIE

Non si sa a quanti peccati fondamentali ha diritto un uomo in questo mondo, però un poeta ha diritto solo a tre: gridare l'amore e il luogo in cui nasce, credere nella vita e le sue leggende e spingere, con un passo oltre, il confine della morte. Nella piena comprensione di tutto  gli si perdona il fatto di aver vissuto di più per gli altri che per se stesso, che ha mangiato pane e non farfalle, pentimenti e inginocchiamenti, la sua veglia al capezzale del pensiero malato, il suo grido in versi.
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DANIELA MARCULET BIOGRAFIA E POESIE

Daniela è nata sotto il segno zodiacale della lontananza. Altrimenti cosa cercherebbe nelle terre italiane? E perché scrive sul porticato della casa parole artigianali? Per la profonda nostalgia della sua patria.
Romena, nata in mezzo a settembre, la sua vita è un percorso in terre dove ha sempre sfollato le sue radici. Venuta al mondo sulle splendide colline della Moldavia di Stefano il Magno, confinante alla culla del poeta Eminescu si trasferisce a dieci anni in Transilvania, non molto distante dal castello di Vlad Tepes, detto Dracula, vicino alle onde del fiume Somes, per poi arrivare nelle terre bergamasche, dove vive per dieci anni. Tornata in Romania, dove vive tuttora, continua a scrivere in italiano, una lingua che ha assimilato come la sua. Laureata in Comunicazione, segue i corsi di Master di Management della Comunicazione per completare la sua educazione. Ha un figlio studente all'Università di Belle Arti, sezione Grafica e un uomo accanto, l'uomo che ha cercato per tutta la sua vita e che l'ha completata e adempisce.
La sua poesia ci fa galleggiare in un canticello che si sente solo con il cuore, al tramonto, in una Italia dove si sente il volo delle cicogne verso l'Africa. E' una lacrima tutto intorno. Ci fa sedere sulla sabbia di un golfo d'orizzonte. Tranquilli, persi. A volte è una tempesta, un tormento, un peccato.
Non si sa a quanti peccati fondamentali ha diritto un uomo in questo mondo, però un poeta ha diritto solo a tre: gridare l'amore e il luogo in cui nasce, credere nella vita e le sue leggende e spingere, con un passo oltre, il confine della morte. Nella piena comprensione di tutto  gli si perdona il fatto di aver vissuto di più per gli altri che per se stesso, che ha mangiato pane e non farfalle, pentimenti e inginocchiamenti, la sua veglia al capezzale del pensiero malato, il suo grido in versi.
Daniela è una poetessa con incentivi malinconici, pubblicata in varie antologie, ma che non ha il coraggio di mettere tutto in una silloge perché richiuderebbe la sua anima, condannata a proferire elegie scritte sullo specchio che riflette la luna buia, quando la città raccoglie follie e crolli.

                                                                Le sue tre poesie


SI INCRESPA IL RAGGIO DI LUNA

Si increspa il raggio di luna
Sulla tua fronte
Orizzonte aperto per i miei baci
Soffio
Gli ultimi
Finchè il mantello
Li veste di buio
E si fa caldo
Sotto il ciglio caldo
Della tua mano
Sul mio seno



ETERNE DOMANDE

Sai quante anime racconta
Il paradiso tra le porte del cielo?
Sai quanti mostri popolano
L’ ardente, il bruciante inferno?
Sai quante lacrime vestono
Il giorno grigio di bianco inverno?

Sai quanti nomi mancano
All’ appello della festa ?
Sai chi ha fatto la morte
Scura, spietata, dissesta?
Sai perché ti viene
Buttare le chiavi in andata?

Sai perché scrivo ululato
Nelle armi di lutto stancato?
Sai quante madri bestemmiano
Gli anni rimasti in grido addolorato?
E sai, e sai ... quanti passi
Misura la bara di un bambino?

Nessuno sa: né io, né tu, né il vivere
Solo il silenzio scoppiò a ridere


L'EFFETTO DEI RAGGI DI LUNA SUGLI STIVALI DI GOMMA

Vivo in una trincea scavata
Non ho né numero né pari
Sulla destra c'è una casa con il numero 13
Sulla sinistra è la ventiduesima casa
Non ho ancora pareti o centrini o acqua
Ho finestre
Due
Ampi, con vista in campestre
In cantina cespugli di basilico
E fungo dell'esca bagnato
Appiccicato su un armadio
Sui rami attaccapanni
Bassi
Dalla mia sala vengono fuori
Raggi di luna che
Crollano tenero

Sugli stivali di gomma

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